Ferengi in Bruxelles

dall'Etiopia a Bruxelles senza passare dal via


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C’è chi cambia e chi no

Oggi in Italia è entrata in vigore l’ora solare: la scorsa notte le lancette dell’orologio sono tornate indietro di un’ora.

Qui in Etiopia invece l’ora rimane sempre la stessa per tutto l’anno, dunque se pensate a noi, da oggi pensateci due ore più avanti di voi.


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Fiori che fanno del bene

In questi giorni da Selam c’è il bazar dei fiori: un tripudio di colori e forme che si possono acquistare per pochi birr.

Selam Children’s Village è un’associazione cristiana che ha come scopo quello di crescere bambini orfani fornendo loro un riparo, cibo ed educazione, in modo che crescano apprendendo un mestiere che li renda cittadini in grado di provvedere a se stessi.

Io ci vado a comprare la panna per cucinare, fresca e cremosa, le patatine “samusa” che sono fatte con la farina invece che con le patate e fritte in una tonnellata di olio (fanno impazzire i miei bimbi, una volta ogni tanto si può anche fare!), il gelato, i biscotti e la verdura biologica.

C’è anche un ristorante, che per l’impensabile cifra di 55 birr (qui trovate trovate la conversione in euro la conversione in euro ) offre un pranzo completo, a menù fisso, con antipasto, primo, secondo e dolce. Ci lavorano le ragazze che frequentano il girl’s vocational centre (per i ragazzi c’è il technical and vocational college, le pari opportunità devono ancora arrivare qui… ma accontentiamoci!), ed è tutto molto buono, provato!

Si possono anche acquistare fiori: c’è un’esposizione dove si trova di tutto, dalle piante ad alto fusto ai fiorellini di prato, passando per rose, piante aromatiche, fucsie, sedani, calle, melanzane, begonie, cavoli decorativi, viole e tutta una serie di piante a cui nemmeno so dare il nome.

 


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Un ombrello per tutte le stagioni

In questo periodo ad Addis Ababa la temperatura non è mai troppo alta, ma il sole è decisamente forte: d’altronde siamo in alta montagna, su un altipiano a 2300 metri sul livello del mare. Per questo, anche ora che non piove tutti i giorni come succede invece da giugno a settembre, l’ombrello resta il migliore compagno di uscite per chi vuole proteggersi dai raggi del sole.


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Debre Libanos

Per arrivare a Debre Markos si deve passare per Debre Libanos, famosa per il suo monastero, per il ponte portoghese e per la strage che gli italiani vi compirono nel 1937 come rappresaglia per l’attentato al viceré Graziani.

Ecco qualche immagine:

Un angolo di paradiso in mezzo alle montagne.

 

Lasciatemi sola, sto riflettendo!

Il ponte portoghese.

 

I babbuini gelada.


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Sulla via per Debre Markos

Nei giorni scorsi mio marito è stato a Debre Markos per lavoro e, visto che di negozi di souvenir non ce n’erano, per farmi un regalo è tornato a casa con un sacco di foto interessanti.

Ecco la prima serie:

Etiopia: un paese in cammino. Su tutte le strade ci sono sempre decine e decine di persone che camminano, che per spostarsi possono contare solo sulla forza delle loro gambe.

 

Spesso le donne fanno i lavori più pesanti, come trasportare pesanti carichi come questo oppure lavorare nei cantieri dove spostano pietre e detriti.

 

Quando poi si ha la fortuna di trovare un passaggio, non è detto che il mezzo di trasporto sia tra i più ortodossi…

 

…e a volte si rimane a piedi! Basta segnalare il guasto con qualche bel pietrone sulla carreggiata, altro che triangolo!


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Ethiopian time

Qui in Etiopia sapere che giorno è richiede un certo impegno per decifrare il calendario. Parlando con un habesha, un etiope, bisogna fare attenzione a capire bene se per esempio il 15 del mese è quello che abbiamo sulle nostre agende noi ferengi oppure quello del calendario in vigore qui.

Anche chiedere “che ore sono?” è una questione abbastanza complicata: gli etiopi dividono la giornata in due cicli di 12 ore, partendo dalle 6 del mattino. Così quelle che per noi sono le 8 am qui sono le 2 am, e se dite all’idraulico “ci vediamo alle 9” non fate come me che l’ho aspettato tutta la mattina in casa, perché lui arriverà alle 3 del pomeriggio.

Insomma, il tempo scorre su due binari diversi: c’è l’european time, quello a cui siamo abituati tutti noi, e c’è l’ethiopian time, che qui regna sovrano. E non c’è dubbio, né bisogno di speciali calendari per capirlo, che il tempo etiope è decisamente più dilatato e rilassato di quello europeo…


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Pane e gatto

Questo post lo dedico ai miei amici della panetteria italiana, miei fedeli lettori.

Vi racconto dove compro il pane, che per inciso appena sfornato è delizioso, qui ad Addis Ababa.

La panetteria che c’è vicino a casa vende, oltre all’injera, due tipi di pane, uno tipo filone e l’altro che assomiglia ad una girella, e due tipi di dolcetti, certi che sembrano muffin e altri a forma di ciambella ricoperti di cioccolato (e mosche, e vespe… e che per questo non ho mai assaggiato!).

La signorina che trovo sempre nel negozio, a qualsiasi ora io vada, è sempre molto cortese e mi ha conquistata come cliente dandomi sempre il pane appena sfornato, caldo e fragrante. A volte è capitato che piuttosto che vendermi qualche pezzo non freschissimo, mi dicesse di tornare più tardi: insomma, le attenzioni pagano e io ritorno volentieri da lei, che ha anche un occhio per l’igiene e mi serve sempre prendendo il pane con una busta di plastica ad uso di guanto.

Le attenzioni igieniche finiscono lì, perché gli scaffali dove è appoggiato il pane hanno la carta di giornale sul fondo, il pavimento del forno è in terra battuta e ogni tanto trovi in negozio un delizioso gattino rosso tigrato che non disdegna due coccole… è così che si sviluppano gli anticorpi, vero?

 


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Un altro nuovo building

Qui ad Addis Ababa, siccome i nomi delle strade non sono ancora entrati nell’uso comune, quando cerchi un ufficio oppure un negozio, le indicazioni contengono sempre il nome di qualche building, qualche palazzo, che diventa il punto di riferimento per trovare la giusta via.

E di building ne spuntano di nuovi ad ogni angolo perché la città è in vertiginosa crescita.

Così capita, per esempio, di cercare un’agenzia di viaggi e trovarsi (e già trovarlo il palazzo, in una strada sterrata, con la sola indicazione “è il building nuovo, dietro al ministero del commercio e dell’industria”…) all’interno di un palazzo che deve essere ancora terminato, senza ringhiera delle scale, con l’ascensore non ancora in funzione, che al quinto piano ospita un bel ufficio in piena attività, con i computer, le scrivanie, i depliant, le mappe e i poster alle pareti, laborioso come un alveare. E al piano di sotto, in un grande open space, una sola scrivania, un pc collegato alla corrente con dei fili volanti e un distinto signore che ci lavora, mentre gli operai alle sue spalle finiscono di imbiancare le pareti.