Ferengi in Bruxelles

dall'Etiopia a Bruxelles senza passare dal via


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Fa molto freddo?

Questo post è dedicato alle mie mamite, a cui faccio fatica a spiegare cos’è la neve e quanto freddo fa in Italia in questo momento.

Ecco un surreale, ma assolutamente reale, dialogo tra me e loro sul tema inverno.

– Mi ha telefonato mamma dall’Italia e mi ha detto che in questi giorni fa proprio freddo.

– È la stagione delle piogge?

– No, è inverno. E fa freddo, c’è la neve, il ghiaccio. Sai cos’è la neve?

– Isci (che significa sì in amharico, ma che non vuol necessariamente dire sì… per un fatto di cortesia, o di orgoglio, gli etiopi raramente dicono no).

– Farà freddo ancora per un mesetto, poi dovrebbe arrivare la primavera, almeno così dice il calendario (ma sull’ironia si sono perse e mi guardano confuse).

– Ma quante stagioni ci sono in Italia? – mi chiedono.

– Ci sono quattro stagioni, facile da ricordare è come la famosa pizza, una molto fredda, una molto calda e due con temperature medie.

– Non c’è una stagione delle piogge?

– No, da noi piove un poco tutto l’anno, in certe stagioni di più in certe di meno. Non si passano interi mesi sotto la pioggia come succede in Etiopia. E d’inverno nevica.

– E quando nevica fa freddo?

– Sì, molto. In questi giorni in Italia i termometri sono arrivati anche a -15°.

– Uh, -15°! È molto freddo?

– È come stare nel freezer.

– E in casa allora si congela!

– No, esistono i riscaldamenti che mantengono le case calde e vivibili. Però se esci c’è il ghiaccio per terra rischi di scivolare.

– Allora dì alla tua mamma di stare in casa!

– Si, non ti preoccupare, glielo dicono già i telegiornali…


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Reverse Culture Shock

Arrivata in Italia, ho subito il classico shock culturale che, secondo gli esperti, colpisce in  modo più o meno grave tutti coloro che vivono a contatto con una cultura diversa dalla propria, ma io l’ho avuto al contrario.

Sono entrata in un ipermercato, era da un po’ che non ne frequentavo uno, e tutto mi è parso un po’ assurdo: montagne di prodotti di ogni tipo, dalle mutande agli yoghurt, dalle birre alle sedie da giardino, dal pane alle creme di bellezza, presentati in almeno una dozzina di varianti per ogni marca. E tutta questa merce in un unico, enorme, bulimico edificio ricolmo di persone, attirate lì non tanto dal bisogno di acquistare qualcosa di realmente indispensabile, quanto da offerte promozionali su prodotti voluttuari e dall’aria condizionata che salva dalla calura estiva.

In Etiopia le uniche offerte che ho finora trovato sono quelle sul latte a lunga conservazione la cui scadenza si sta avvicinando: è una cultura decisamente più pragmatica, dove il marketing ha ancora larghi margini di azione! O forse manca solo la disponibilità a spendere che ormai in Italia è un fatto decisamente scontato. Infatti, nonostante la mia indignazione di fronte a tanto ostentato consumismo, in poco meno di mezz’ora sono riuscita a spendere quello che è uno stipendio di un lavoratore medio in Etiopia, più o meno 60 euro…