Ferengi in Bruxelles

dall'Etiopia a Bruxelles senza passare dal via


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Dove compro l’artigianato etiope

Oggi per la prima volta ho venduto uno spazio pubblicitario sul mio blog… o quasi! Ora vi spiego com’è andata.

Stamattina sono andata dal mio amico Teklu su Churchill road per comprare una Jimma chair, le famose sedie che vengono dall’omonima città etiope costruite con un unico pezzo di legno, come questa qui sotto.

Jimma chair

Io quando sono stata per la prima volta nel suo negozio, un anno e mezzo fa, non volevo entrare. Con tutte le raccomandazioni che gli amici mi avevano fatto e con quello che si legge sulle varie guide e siti web circa le truffe in cui a volte si può incorrere, varcare quella soglia mi pareva una follia: un antro stretto e angusto, scarsamente illuminato, con una sola uscita, stipato di oggetti di legno fino al soffitto, con un odore che mescolava umidità, pelli animali, legno e sudore.

L’interno del negozio di Teklu

Per mia fortuna l’amica con cui ero arrivata fin lì ha insistito: siamo entrate e abbiamo scoperto un tesoro. Entrando nella prima stanza in pochi metri quadri abbiamo trovato un’enorme varietà di manufatti di legno: sedie, sgabelli, vassoi, tavolini, panche, ciotole, sedili, taglieri, perfino un’enorme scodella ricavata da un unico pezzo di legno che ho scoperto essere una vasca da bagno!

Abbiamo scoperto anche una seconda stanza piena di collane, croci etiopi, pelli dipinte, maschere, pergamene religiose, icone, poggiatesta tradizionali di svariate fogge…

Collane e perline etiopi

Quello che mi piace di Teklu è che, a differenza di altri venditori, lui ti lascia curiosare per il suo negozio, osservandoti discretamente da un angolo, pronto a darti informazioni sul prezzo o sull’utilizzo di un oggetto. Naturalmente per lui sono, e siete, ferengi dunque trattare sul prezzo è assolutamente d’obbligo.

Croci tradizionali etiopi

Se per caso vi trovate ad Addis, il negozio di Teklu si chiama Ethio Abyssinia Handicraft & traditional Cloth shop e si trova su Churchill road, circa 150 metri dopo Tewdoros Square andando verso la stazione, giusto di fronte al Churchill Hotel. Se andate da lui dopo aver letto questo post, ditegli che vi manda l’italiana che ha già comprato due Jimma chair e che gli ha promesso pubblicità sul suo blog in cambio di un ottimo sconto!


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Creare, decorare, arredare e viaggiare con i tessuti

La staffetta “Di blog in blog” questo mese parla di tessuti e per fare la mia parte ho deciso di fare un po’ di pubblicità ai prodotti tessili etiopi.

L’Etiopia produce tessuti bellissimi, per lo più in cotone, declinato in vari spessori e colori. Anche una come me, che di creatività per le decorazioni non ne ha proprio, non deve far altro che acquistare e usare.

I gabi, lunghi teli di cotone spesso usati per ripararsi dalla pioggia e dal freddo dell’altipiano, sono per lo più bianchi e sono finiti a coprire il divano, rallegrati da altri teli colorati con gli “occhietti”, un design molto famoso da queste parti.

Tessuti etiopi con gli “occhietti”

Le netela invece, scialli più leggeri per le signore, hanno bordi con decorazioni colorate: a casa mia grazie al provvidenziale intervento di mia madre, sono diventate tende, di cui devo dire che sono molto orgogliosa perché anche le amiche etiopi le notano e mi fanno i complimenti.

Le tende fatte con le netela

Ad Addis Abeba esiste un mercato dedicato esclusivamente ai tessuti, Shiro Meda, che si incontra sulla strada per salire ad Entoto. Qui c’è solo l’imbarazzo della scelta entrando in negozietti stracolmi di tessuti di ogni genere… d’obbligo trattare sul prezzo, per i ferengi di solito i venditori partono alti.

Uni dei negozi di tessuti a Shiro Meda

In alcuni posti, come per esempio Muya si può anche vedere come vengono prodotti i tessuti: i telai sono di legno e la lavorazione rigorosamente a mano.

Un operaio al telaio da Muya

Da Sabahar al cotone si appaia la seta e davvero diventa difficile resistere e non acquistare l’ennesima sciarpa…

La seta di Sabahar pronta per essere lavorata

Quando sono stata nel sud del paese, ho finalmente capito da dove viene il cotone etiope: tra Konso e Turmi abbiamo attraversato distese di cotone pronto per essere raccolto.

La raccolta del cotone nel sud dell’Etiopia

Ne abbiamo raccolto un batuffolo: morbidissimo!

La pianta del cotone

Ecco i blog che hanno partecipato questo mese:

Casa Organizzata – http://www.4blog.info/casaorganizzata
Alessia scrap & craft – http://www.4blog.info/school
La Diva delle Curve (Marged Flavia Trumper) http://www.divadellecurve.com/search/label/staffetta
simona elle – http://www.simonaelle.com/search/label/Staffetta%20tra%20blog
Palmy Learning is experience http://laproffa.blogspot.it/search/label/di%20blog%20in%20blog
MOnica e lo Scrapbooking
http://monicc.wordpress.com/category/di-blog-in-blog/
Il Pampano http://ilpampano-designbimbi.blogspot.it/search/label/di%20blog%20in%20blog
Mammachecasa! http://mammachecasa.blogspot.com/search/label/Staffetta%20Di%20blog%20in%20blog
Vivere a piedi nudi http://vivereapiedinudi.blogspot.it/search/label/di%20blog%20in%20blog
unamammaperdue http://unamammaperdue.blogspot.it
accidentaccio http://accidentaccio.blogspot.it
Ostuni Magazine http://ostunimagazine.blogspot.it/
Cardamom: http://www.designcardamom.blogspot.it/
Mavie: http://www.mavie.it/tag/di-blog-in-blog/
Le avventure della Pandfamily – http://www.emmaeluca.com/?cat=40
Idea Mamma: www.ideamamma.it
Anna DIsorganizzata: http://disorganizzata.blogspot.com
<a href=”http://erolucyvanpelt.blogspot.com/search/label/di%20blog%20in%20blog” target=”_blank”>ero Lucy</a>
<a href=”http://ilmondodici.blogspot.it/search/label/staffetta%20blog” target=”_blank”>Il mondo di Cì</a>
fiori e vecchie pezze http://fiorievecchiepezze.wordpress.com/
<a href=”http://www.ilcaffedellemamme.it/tag/di-blog-in-blog/” target=”_blank”>Il caffé delle mamme</a>
La bussola e il diario http://bussolavita.blogspot.it
GocceD’aria: http://www.goccedaria.it/tag/goccedaria/staffetta%20blog.html
psicologiadicoppia http://psicologiadellacoppia.blogspot.it/
<a href=”http://theyummymom.blogspot.it/“target=”_blank”>theyummymom</a>
MadreCreativa http://madrecreativa.blogspot.it/search/label/staffetta%20di%20blog%20in%20blog
<a href=”http://dovegirailsole.blogspot.it/” target=”_blank”>Dovegirailsole</a>
Viaggi e Baci: http://viaggiebaci.wordpress.com
Due Mori Travel Blog: www.duemoritravelblog.com
Il blog di MammaGabry:http://leoperedimammagabry.blogspot.it/
Paroladilaura http://www.paroladilaura.blogspot.it/
Rabarbaro e Patate http://rabarbaroepatate.wordpress.com/category/di-blog-in-blog/
Ferengi in Addis http://ferengiaddis.wordpress.com
Pattibum http://pattibum.wordpress.com/
Elegraf http://elegraf77.blogspot.it/search/label/Di%20Blog%20in%20Blog
Hobbyimpara http://www.hobbyimpara.blogspot.it/search/label/dibloginblog
Passe-partout http://partoutml.blogspot.it/search/label/staffetta%20di%20Blog%20in%20blog
Design Therapy http://www.designtherapy.it/
Cristina http://udinelamiacittaenonnapina.blogspot.it/search/label/Staffetta%20di%20blog%20in%20blog
Home-Trotter http://www.home-trotter.blogspot.it
Debora http://crescereduegemelli-debora.blogspot.it
Verdeacqua http://ahsonounamamma.blogspot.it/
Mammefaidate http://mammefaidate.blogspot.it/search/label/Di%20blog%20in%20blog
 


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Fare la mozzarella ad Addis

Vivere ad Addis Abeba significa, tra le altre cose, dover rinunciare a tutta una serie di formaggi, freschi o stagionati, che in Italia si dà per scontato trovare nel banco frigo di un supermercato qualunque. La produzione locale si limita a provolone, fontina (cambia la forma, ma il gusto è uguale al provolone) e gouda. La mozzarella e la ricotta locali si possono usare per cucinare, meglio non rischiare in una caprese. Si trovano anche formaggi importati, dai prezzi esorbitanti e con le date di scadenza spesso vicine alla fine dei loro giorni, dunque preferisco astenermi.

Così, ispirata da un’amica che mi aveva fatto assaggiare una formaggetta fatta in casa, ho cercato in Italia il caglio: i primi tre farmacisti a cui l’ho chiesto mi hanno guardato perplessi, come se avessi chiesto della kriptonite, la terza, a cui ho confessato di vivere in Etiopia, mi ha guardato comprensiva e me lo ha procurato. Il formaggio che mi esce, ogni volta un po’ diverso dal precedente, somiglia ad una formaggetta morbida: qualche volta riesco pure a fregare mio figlio e spacciarglielo per Philadelphia.

Ma io sono solo una dilettante. Oggi ho visto cosa significa avere la passione per l’arte casearia, sono andata a scuola da un maestro. Il nostro amico ha attrezzato una stanza del service quarter di casa sua per la produzione del formaggio e riesce a produrre camembert, ricotta, tomini, formaggio con le noci, i pistacchi, il cumino…

La lavorazione della mozzarella

È stata la giornata della mozzarella e i bimbi, ma devo dire anche il papà, si sono divertiti un mondo ad assistere alla preparazione, ad aiutare e ad assaggiare!

La pasta viene fatta filare

Inutile dire che quella che abbiamo portato a casa non è durata fino alla cena!

Ecco le forme di mozzarella!

Per gli amici che abitano ad Addis: i formaggi di cui ho parlato si possono acquistare da Salé Sucré, il negozio di prodotti alimentari francesi che si trova a Olimpia, vicino al Family Restaurant e alla sede del WFP.


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Fare la spesa a casa di amici

Tra le tante esperienze nuove e inusuali che l’Etiopia mi sta regalando c’è anche quella di ritrovarmi a fare la spesa a casa di amici.

Mi spiego: chi se ne va da Addis molte volte non può, o non vuole, portarsi dietro tutte le cose che ha acquistato per vivere qui. Così di solito manda in giro via e-mail una lista di oggetti da vendere con il relativo prezzo oppure organizza una giornata di vendita direttamente a casa, dove ogni oggetto acquistabile ha il suo cartellino con il prezzo.

A me questi momenti mettono sempre una tristezza infinita e mi ritrovo a voler comprare un divano (che non mi serve e non saprei dove mettere) su cui tante volte ho preso il caffè e chiacchierato con gli amici solo per poter conservare un pezzetto di vita che sta passando via veloce.

Ho imparato però a mettere da parte la malinconia e ad approfittarne in modo costruttivo, perché queste vendite sono occasioni imperdibili per accaparrarsi oggetti introvabili ad Addis. Le persone che traslocano vendono di tutto e così mi è capitato di tornare a casa con tre bottiglie di Gewurztraminer, con un letto matrimoniale, con uno stampo per i muffin, con un trenino di legno con le rotaie…

E poi succede che gli amici che se ne vanno, quando ti vengono a salutare per l’ultima volta prima della partenza, si presentano con uno scatolone con “gli avanzi” del trasloco, su cui di solito si versano le ultime lacrime prima del volo che li porterà lontani.

Questi scatoloni a sorpresa sono la passione dei miei figli: è come se arrivasse Babbo Natale fuori stagione perché da lì escono patatine e biscotti che mamma non compra mai perché non sono sani, costruzioni e bambole con cui hanno giocato in altre case, vestiti e scarpe che hanno visto indossare dagli amichetti, piatti in cui hanno mangiato, insomma, un tesoro. E ogni volta che ci ritroviamo ad usare questi oggetti, pensiamo agli amici e a quando andremo a trovarli… le vacanze stanno arrivando, aspettateci!


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L’albero di Natale strano

Finalmente quest’anno abbiamo un albero di Natale.

L’anno scorso avevo provato ad acquistarne uno finto, che di veri non c’era traccia, ma al sentire il prezzo ho lasciato perdere: 3.000 birr per un alberello di un metro mi è sembrato uno schiaffo alla miseria ed io sono per la non-violenza.

Qualche settimana fa sono stata in uno dei miei luoghi preferiti qui ad Addis, il Selam Village. Lì, fuori dalle loro lussureggianti serre svettava un albero di tre metri che somigliava molto ad un abete natalizio. “I want this!” ho detto al giardiniere-venditore che mi seguiva come un’ombra “but smaller!”.

E così ho caricato sulla macchina un’araucaria di un metro, verde e rigogliosa, e l’ho messa nel salone a far bella mostra di sé. I bambini ci hanno fatto nevicare sopra con il cotone e l’abbiamo addobbato poco per volta, un po’ comprando decorazioni in legno locali, un po’ dandoci al bricolage creando cuoricini e stelline di carta 3D.

Il risultato? Giudicatelo voi… il figlio di una mia amica quando l’ha visto mi ha detto “È strano!” ma si vedeva che pensava che un albero di Natale del genere proprio non si è mai visto!

P.S.: Lo stesso giorno che ho trovato l’abete natalizio ho provato a comprare anche del fertilizer per le mie piantine, che a detta del nonno dal pollice verde sono un po’ tisiche, ma alla mia richiesta il venditore di piante mi ha spiegato come si farebbe con un bambino delle elementari “We just have compost. The plants just need compost!”. Al che mi sono arresa…


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Pirateria certificata

Mi autoaccuso: sono una pirata cinematografica in contumacia. Ma ho le mie buone giustificazioni.

Qui ad Addis non esistono Blockbuster né videoteche e c’è un unico cinema che proietta film in inglese. Qualche volta l’Istituto Italiano di Cultura organizza proiezioni di pellicole, non esattamente di recente uscita, in italiano e l’Alliance Ethio-Franaise passa alcuni titoli al mese, ma si tratta rigorosamente di cinema francese. Il satellite che abbiamo, Arab Sat, va bene per i primi tempi di ritorno dalle vacanze: ha alcuni canali che proiettano film in inglese ma il problema è che la loro programmazione ruota nell’arco della settimana e dunque dopo un mesetto ti ritrovi più o meno a vedere storie che hai già visto. Insomma, una desolazione.

Che fare dunque?

Per fortuna esistono gli spacciatori di film pirata e questi li puoi trovare ad ogni angolo della città. Certo, comprare un film da loro è come giocare al gratta e vinci in Italia: per 20 birr compri un dvd di un film in prima visione, ma poi bisogna vedere se funziona!

Mio marito, che è l’addetto all’acquisto dei film, ormai ha un amico che lo aspetta all’uscita di Bambis e a cui ogni volta che lo incontra lascia qualche centinaio di birr. Fin’ora non lo ha mai fregato e gli ha spiegato un trucco per riconoscere i film pirata di buona qualità: sulla confezione, rigorosamente scannerizzata e stampata come se fosse originale, c’è un piccolo bollino con il numero 9.

Una garanzia, una certificazione di qualità: in Italia ci hanno già pensato?


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L’inflazione, le capre e il giardiniere

L’inflazione qui ad Addis vola. Tolti i caps, le limitazioni dei prezzi di vendita di alcuni generi alimentari imposte dal governo a gennaio del 2011, il costo di una spesa è cresciuto, e di molto.

Per alcuni prodotti i prezzi sono addirittura raddoppiati da inizio anno: le banane ad esempio, che con i caps si compravano a 5 birr il kg, ora ne costano 10. Mezzo litro di latte costava prima di partire per le vacanze estive 5.75 birr, ora si paga 9 birr. Una capra (viva, qui è tradizione macellare in casa gli animali durante le feste religiose) fino a qualche mese costava dai 400 ai 600 birr, ora si paga minimo 1.000 birr, che per gli standard locali corrispondono ad un dignitoso salario mensile.

Ora, considerando che il mio giardiniere latita, avendo comprato un taxi ed essendo così entrato nel business dei trasporti abissini, forse una capra in giardino sarebbe la soluzione ai miei problemi di taglio dell’erba. Una sola domanda: ma le capre mangiano pure le rose con le spine? E le palme?


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Bambis ha chiuso (e riaperto).

So che la notizia non scuoterà gli animi della maggior parte dei miei lettori, ma per chi abbia vissuto ad Addis anche solo per qualche tempo Bambis rappresentava un porto sicuro nella peregrinazione quotidiana per rifornire il frigorifero.

Era uno dei pochi supermercati che offrisse una buona gamma di prodotti di importazione, facendoseli certo pagare almeno il doppio di quello che sarebbero costati in Europa, insieme con alimenti locali di buona qualità. Era l’unico posto in cui trovavo le olive nere greche, i gamberetti surgelati, la carta forno e il cioccolato fondente a blocchi. Dove tutti i giorni della settimana (ma non a tutte le ore) si trovavano la carne e il pollo, le mele e il basilico, il prosciutto cotto e la pancetta (in realtà bacon surgelato, ma tant’è, qui bisogna accontentarsi).

Bambis ha chiuso per questioni di fisco e di scadenze. Pare che i proprietari dovessero pagare al governo qualche milione di birr di tasse e pare che falsificassero pure le date di scadenza sopra le confezioni dei prodotti. Pare, ma devo dire che poco importa ragione per la quale ha chiuso, quello che è grave è che l’intera comunità ferengi è in crisi con la spesa quotidiana!

 

P.S. Nel mentre scrivevo questo post, la cui gestazione per motivi di gestione familiare ha richiesto almeno una settimana, Bambis ha riaperto! Agli amici che volessero comunque inviarmi generi di conforto dall’Italia (salami, prosciutti, gorgonzola, pesche, cioccolatini, ecc. ) posso sempre dare l’indirizzo in privato 😉


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Cosa metto in valigia?

Tra poco sarà tempo di preparare la valigia per le vacanze e di scegliere quali abiti infilarci dentro. Chiedo aiuto agli amici, ma soprattutto alle amiche in Italia: quali sono i colori di moda per la prossima estate? Che cosa si trova nelle vetrine solitamente monocromatiche delle catene in franchising in Italia?

Qui ad Addis il concetto di moda è abbastanza relativo. A parte i vestiti tradizionali, solitamente bianchi con bordi decorati con motivi abissini, qui regna l’anarchia cromatica.

Vista la scarsità di approvvigionamento di beni, i negozi di abbigliamento in stile occidentale mescolano di solito ogni genere di oggetto che può essere indossato: vestiti, scarpe, intimo, borse, cosmetici, bigiotteria. Il tutto di solito in un ambiente grande come una stanza. L’impressione che si ricava da un giro di shopping (parola grossa qui ad Addis, ma ho imparato che ci si adatta a tutto, pur di non perdere le buone abitudini ;-)) è sempre di essere capitati all’ultimo giorno di saldi, quando la scelta è quasi nulla, si trovano solo poche taglie per ogni capo e l’assortimento dei colori si limita a uno o due.

Devo dire però che in generale le donne qui sono eleganti e curate (un altro giorno mi soffermerò a scrivere della cura che qui viene dedicata ai capelli) e sanno mescolare con gusto gli abiti western-style con i tradizionali gabi e netela della tradizione etiope.


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Il tetto sfondato

Oggi ha riaperto il negozietto di fronte a casa che vende di tutto, dai generi alimentari alle tessere telefoniche, dal sapone per i panni ai palloni: un po’ come i negozi di quartiere di tanti anni fa, solo in formato lillipuziano.

Da qualche giorno era chiuso e sulla serranda della sua finestra (nel negozio non si entra, ci si affaccia per comprare) era apparso un messaggio in amharico, con tanto di timbro governativo. La nostra mamita, che come direbbero a Napoli è una “capera”, ci ha spiegato che le autorità hanno chiuso il negozio perché aveva venduto lo zucchero ad un prezzo più alto del tetto che è stato fissato dal governo alcuni mesi fa.

Come avranno fatto le autorità a sapere che una piccola baracca in un quartiere periferico della capitale vendeva lo zucchero a qualche birr in più al kilo?