Per passare una giornata fuori dalla capitale, qui in Etiopia la scelta non è ampia.
La Menagesha Forest è uno dei pochi posti dove si può arrivare da Addis in circa un’ora e mezza, prendendo la strada per Ambo o quella per Jimma: il parco si trova giusto in mezzo a queste due direttrici. Naturalmente per arrivarci non c’è un indicazione a pagarla: devi essere iniziato alla conoscenza della strada giusta da qualcuno che ci è già stato, oppure affidarti al calcolo dei kilometri, alle indicazioni delle guide turistiche, all’interpretazione dei segni dei locali.
Il parco rappresenta il primo esempio di politica ufficiale di conservazione del patrimonio naturale dell’Africa dell’Est: alla metà del XV secolo, l’imperatore Zara Yaqob si preoccupò dell’alto livello di deforestazione dell’area e fece rimboschire la zona con semi provenienti dall’area di Ankober. La foresta fu protetta con decreto imperiale per i secoli successivi , fino a che l’imperatore Menelik II creò intorno al 1890 la Menagesha National Forest, conosciuta anche come Suba Forest.
Nella foresta si può stare a contatto con la natura e rischiare pure di vedere scimmie, babbuini, una quantità innominabile di volatili e perfino leopardi (certo, se ci si va con un gruppo di sei bambini che corrono e urlano eccitati dall’avventura nel bosco, assicuro che pure le formiche scappano!). La foresta ha anche delle aree dove si può fare un picnic e addirittura un barbecue, se si arriva ben equipaggiati: a parte dei bracieri in pietra, non c’è molto altro, dunque conviene portarsi teli da stendere per terra (anche uno impermeabile, specie nelle stagioni ancora umide), cibo e bevande perché non c’è traccia di un bar o di una rivendita di generi commestibili. Si può anche pensare di fermarsi per la notte, ma non ho visto lo stato delle strutture e non mi azzardo a consigliarlo.
Quello che c’è di magnifico per me è che si possono fare lunghe passeggiate in totale tranquillità e in un ambiente dove l’inquinamento è lontano kilometri, cosa che ad Addis mi manca davvero molto. E il paesaggio è stupefacente: sembra di stare in un bosco dell’Appennino, con il muschio sulle pietre e le piante ad alto fusto, e quasi non ti ricordi più che stai in Africa. Poi improvvisamente dopo una curva del sentiero di ritrovi faccia a faccia con una lussureggiante vegetazione equatoriale e rimani un po’ confuso, ma comunque estasiato da tanta dirompente vitalità della natura.