Ieri l’Etiopia ha dato l’ultimo saluto al suo ex primo ministro, Meles Zenawi. In Etiopia, si è trattato del primo funerale di stato per un capo del governo celebrato da ottant’anni a questa parte, una cerimonia solenne a cui hanno preso parte capi di stato e rappresentanti dei governi di tutto il mondo.
il giovane Meles Zenawi
Una figura carismatica quella di Meles Zenawi, che tutti chiamano solo Meles perché qui è il nome di battesimo quello che conta: il cognome è il nome del padre, non esiste un nome di famiglia che si porta avanti con le generazioni, quasi a voler dire che solo il presente è davvero importante. Meles è stato un personaggio su cui si può leggere tutto e il contrario di tutto, un santo o un criminale a seconda dei punti di vista, indiscutibilmente un leader che ha avuto un ruolo di primo piano nella politica non solo etiope, ma di tutta l’Africa.
Quello che mi colpisce in questi giorni ad Addis è il tributo della gente a questo capo di governo amato e contestato, che ha guidato l’Etiopia negli ultimi ventuno anni: un lutto silenzioso e discreto, con le immagini di Meles che apparivano giorno dopo giorno, dal 21 di agosto quando è stata resa pubblica la sua morte, sempre più numerose sulle vetrine dei negozi oppure sui finestrini dei taxi.
Un manifesto per Meles sulla Tele Bole
Dopo i funerali, la vita ad Addis Abeba prosegue normalmente e stamattina la pioggia insistente sembra voler lavare via per bene il lutto e la tristezza. L’Etiopia deve continuare la sua crescita e il suo sviluppo, lo si legge sui manifesti che tappezzano la città con il viso di Meles in primo piano. Noi che siamo qui abbiamo assistito, forse senza rendercene troppo conto, ad un pezzo importante di storia africana: mi auguro che il paese riesca a continuare in pace il suo percorso di sviluppo, facendo prevalere l’interesse delle persone su quello delle etnie o delle religioni.
Ieri il presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, dopo il suo discorso funebre ufficiale, ha salutato Meles semplicemente così “Adieu Meles, my friend”, con una frase resa viva e vibrante dalla mescolanza della sua lingua madre con l’inglese. Vorrei vedere così l’Etiopia nel futuro: nella differenza, linguistica, culturale, religiosa, che la frase si chiuda sempre con le parole my friend.