Ferengi in Bruxelles

dall'Etiopia a Bruxelles senza passare dal via


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L’invasione delle termiti volanti

Qui ad Addis, anche se si tratta di una grande metropoli piena di palazzi e di inquinamento, hai sempre l’impressione che la natura ti entri prepotentemente in casa, o per lo meno in giardino. Come dicevo già altre volte, abbiamo un’aquila che ha nidificato a casa del vicino, la iena che di notte ci fa sentire la sua risata stridula, i dik dik che la mattina brucano l’erba nel prato davanti alla finestra della camera da letto, la scimmia che ci ruba le banane dalla cucina, insomma un bello zoo.

Ieri sono schiuse le uova di questi insetti (termiti con le ali? La mia amica biologa se ne è andata e io non ho più il supporto scientifico per il blog!), tutta la città ne è letteralmente piena e il mio prato è ridotto ad un colabrodo.

La mia gatta si è divertita per un po’ ad inseguirle ma poi ha cominciato a trovare il gioco noioso e ha deciso di godersi lo spettacolo della schiusa abbandonata sull’erba.


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I gatti e l’accetta

Dovete sapere che io posseggo la gatta più bella di Addis. Lo dico senza falsa modestia, perché ogni notte nel mio giardino, nonostante lei sia stata sterilizzata, si danno appuntamento diversi gatti che si sfidano a singolar tenzone con miagolii che sembra li stiano squartando. E che immancabilmente marcano il territorio facendo pipì anche sulla porta di casa.

L’altro giorno sono andata del veterinario con la mia gatta per la vaccinazione annuale e gli ho parlato del problema, chiedendogli cosa posso fare per evitare di avere spiacevoli e persistenti odori sullo zerbino.

I have the solution: acetta!” mi ha detto sicuro di sé con un tentativo di imitare l’accento italiano.

Non so voi cosa avreste fatto, ma io sono rimasta un attimo di marmo di fronte a questa risposta: acetta? Mi sono vista di notte, in giro per il mio giardino con un’accetta insanguinata a dare la caccia ai gatti incriminati, stile Psyco ma senza la tenda della doccia… No, non può avermi suggerito questo il dottor Shenkut, un omone grande e grosso con gli occhi gentili con cui ogni volta faccio delle piacevoli chiacchierate, quello che cura dai criceti agli elefanti, quello che mi ha regalato le pastiglie per togliere i vermi al randagio che vive ormai davanti a casa…

Così mi sono riscossa dal mio incubo horror e gli ho chiesto: “what do you mean with acetta?”, cosa vuoi dire?

Acetta! The one you put on the salad, how do you call in Italian?

“Aceto!”

Ho tirato un sospiro di sollievo: voleva solo consigliarmi di spargere un po’ di aceto dove i gatti fanno pipì, detestano l’odore e ne stanno lontani. Per fortuna che ho chiesto spiegazioni!


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Da dove vengono… lezione di botanica

Oggi il mio blog prende una piega didattica, del tipo forse non tutti sano che… dedicato ai miei nipotini, quelli veri e quelli che mi chiamano zia per affetto, perché possano far sfoggio di cultura botanica africana e far bella figura con le loro maestre!

Ecco dove crescono:

Le banane

Il cotone

Le papaye

Gli ananas

La soia

Il sorgo


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Arba Minch

Sarò proprio onesta: a me Arba Minch non è che sia piaciuta un granché. La città si trova tra due laghi, il lago Abaya, dal caratteristico color ruggine per le alte concentrazioni di ferro, e il lago Chamo, più a sud. In mezzo, una striscia di terra ricoperta di una lussureggiante foresta, chiamata the bridge of God. Ma a parte questa straordinaria posizione geografica, la città è piuttosto mal messa, con le strade rotte e un senso generale di trascuratezza.

Anche il Nechisar national park è stata un’esperienza poco felice: la strada che porta alla piana dove è possibile vedere gli animali è in certi tratti al limite del praticabile, per fare in totale 60 km abbiamo impiegato 7 ore.

Tutto questo sforzo per vedere una ventina di zebre e un’antilope… Decisamente lo sconsiglio, specie con i bambini, almeno fino a quando la strada verrà un poco rimessa in sesto.

Una bella esperienza è invece stata la gita in barca sul lago Chamo, per vedere il Crocodille market: non si tratta di un vero mercato, ma di un banco di sabbia dove i coccodrilli vanno a digerire i loro pasti.

Oltre a magnifici coccodrilli, siamo riusciti anche ad avvistare ippopotami…

aquile pescatrici dalla testa bianca, aironi, anatre e una serie di uccelli di cui solo la mia amica biologa ricorda il nome a memoria.

Il tutto nella luce di un tramonto africano, infuocato e rapido (lo sapete che in Italia i tramonti sono molto più veloci che in Italia? una mezzoretta ed è buio pesto, d’altronde siamo quasi all’equatore).

E questi signori navigavano sul lago con noi…

…incuranti dei coccodrilli!

Dove abbiamo dormito e mangiato

Il Paradise Lodge vanta una posizione fantastica e una vista mozzafiato sulla striscia di foresta che separa i due laghi, con gli specchi d’acqua all’orizzonte a destra e a sinistra. A parte questo, abbiamo trovato le stanze abbastanza al di sotto delle aspettative e i buffet per la colazione e la cena di qualità mediocre. Se questa è la migliore opzione della città, non oso immaginare le altre.

Il Soma Restaurant si trova a Secha, nella parte sud della città. L’ambiente è piuttosto rustico, le toilette sono impraticabili, la cucina a vista sul cortile interno, ma se si supera la prima impressione negativa il pesce che si può mangiare è davvero buono.


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L’albero di Natale strano

Finalmente quest’anno abbiamo un albero di Natale.

L’anno scorso avevo provato ad acquistarne uno finto, che di veri non c’era traccia, ma al sentire il prezzo ho lasciato perdere: 3.000 birr per un alberello di un metro mi è sembrato uno schiaffo alla miseria ed io sono per la non-violenza.

Qualche settimana fa sono stata in uno dei miei luoghi preferiti qui ad Addis, il Selam Village. Lì, fuori dalle loro lussureggianti serre svettava un albero di tre metri che somigliava molto ad un abete natalizio. “I want this!” ho detto al giardiniere-venditore che mi seguiva come un’ombra “but smaller!”.

E così ho caricato sulla macchina un’araucaria di un metro, verde e rigogliosa, e l’ho messa nel salone a far bella mostra di sé. I bambini ci hanno fatto nevicare sopra con il cotone e l’abbiamo addobbato poco per volta, un po’ comprando decorazioni in legno locali, un po’ dandoci al bricolage creando cuoricini e stelline di carta 3D.

Il risultato? Giudicatelo voi… il figlio di una mia amica quando l’ha visto mi ha detto “È strano!” ma si vedeva che pensava che un albero di Natale del genere proprio non si è mai visto!

P.S.: Lo stesso giorno che ho trovato l’abete natalizio ho provato a comprare anche del fertilizer per le mie piantine, che a detta del nonno dal pollice verde sono un po’ tisiche, ma alla mia richiesta il venditore di piante mi ha spiegato come si farebbe con un bambino delle elementari “We just have compost. The plants just need compost!”. Al che mi sono arresa…


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Gatti abissini

Oggi grande giorno: la nostra gatta ha partorito tre bellissimi gattini!

Stamattina I miei figli in macchina litigavano già sui nomi da dare loro: il piccolo vuole chiamare il suo Felipemassa, e se per caso fosse una femmina Cenerentola. La grande la sua la vuole chiamare Tommasina, e se è un maschio fa lo stesso. Il terzo hanno deciso che lo regalano a me, ma entrambi si sono arrogati il diritto di veto sul nome. Il papà non ne avrà nemmeno uno, anzi lui vorrebbe regalarli tutti. Si è aperta una dura stagione in casa nostra…

Ma io ho trovato la soluzione: visto che i mici sono nati proprio nel giorno del compleanno della mia amica, come regalo glieli spedisco tutti quanti in Italia… auguri Baby 😉


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Animali all’Awash National Park

Questo ci ha accolto alle porte del lodge e lo sguardo non mi sembrava dei più amichevoli…

 

Questo delizioso uccellino è uno degli animali ritardatari che siamo riusciti a vedere nel parco.

 

Di queste libellule ce n’erano a centinaia alle Hot Springs ed il contrasto con il turchese delle acque era davvero strepitoso.

 

A questo rapace, nonostante il prezioso supporto del libro sugli uccelli dell’Africa della mia amica, non siamo riusciti a dare un nome. Per niente spaventato dalle nostre auto, probabilmente aveva appena catturato una preda.

 

Questo invece ci aspettava nel fiume sotto il lodge, su un bel pietrone al sole per favorire la digestione, a non più di 50 metri dalla spiaggetta dove i bimbi si sono messi a giocare… doveva aver mangiato proprio bene, perché non ci ha degnato di uno sguardo!


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Fiori che fanno del bene

In questi giorni da Selam c’è il bazar dei fiori: un tripudio di colori e forme che si possono acquistare per pochi birr.

Selam Children’s Village è un’associazione cristiana che ha come scopo quello di crescere bambini orfani fornendo loro un riparo, cibo ed educazione, in modo che crescano apprendendo un mestiere che li renda cittadini in grado di provvedere a se stessi.

Io ci vado a comprare la panna per cucinare, fresca e cremosa, le patatine “samusa” che sono fatte con la farina invece che con le patate e fritte in una tonnellata di olio (fanno impazzire i miei bimbi, una volta ogni tanto si può anche fare!), il gelato, i biscotti e la verdura biologica.

C’è anche un ristorante, che per l’impensabile cifra di 55 birr (qui trovate trovate la conversione in euro la conversione in euro ) offre un pranzo completo, a menù fisso, con antipasto, primo, secondo e dolce. Ci lavorano le ragazze che frequentano il girl’s vocational centre (per i ragazzi c’è il technical and vocational college, le pari opportunità devono ancora arrivare qui… ma accontentiamoci!), ed è tutto molto buono, provato!

Si possono anche acquistare fiori: c’è un’esposizione dove si trova di tutto, dalle piante ad alto fusto ai fiorellini di prato, passando per rose, piante aromatiche, fucsie, sedani, calle, melanzane, begonie, cavoli decorativi, viole e tutta una serie di piante a cui nemmeno so dare il nome.