Ferengi in Bruxelles

dall'Etiopia a Bruxelles senza passare dal via


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Un due tre… stella!

Qui ad Addis, come in gran parte delle città del mondo, quando ad un incrocio c’è un vigile a dirigere il traffico di solito la circolazione si blocca.

Per risolvere l’inconveniente, gli etiopi utilizzano un sistema oserei dire… infantile: ve lo ricordate il gioco che facevamo da bambini, un due tre stella? Ecco, loro fanno uguale, quando il vigile si gira dall’altra parte loro pian piano si muovono e senza farsi vedere attraversano l’incrocio!


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Come in un videogame

Nonostante sia qui ad Addis da un po’, la cosa che mi sconvolge sempre è lo stile di guida dei locali, e naturalmente anche quello dei ferengi, che gioco forza si devono adattare per non rimanere tutto il giorno fermi al primo incrocio che incontrano sulla loro strada.

La guida qui assomiglia a una di quelle puntate di quel vecchio cartone animato, “la corsa più pazza del mondo”, dove auto di ogni sorta si sfidavano usando ogni genere di scorrettezza: fumate nere, chiazze di olio, sorpassi vietati, speronamenti (tutti visti, tranne l’ultimo per fortuna!)

Quando si è al volante, sembra di essere in un videogame ad un livello già per giocatori esperti: la strada è libera, ma improvvisamente un blue donkey si muova da bordo strada senza mettere la freccia. Lo schivi, ma a sinistra c’è un’auto in panne che per segnalare il suo guasto ha messo qualche grossa pietra sulla carreggiata al posto del triangolo. Ti sposti a destra, ma attenzione! C’è un camion che ti sta superando, a destra naturalmente! La strada davanti a te è libera, finalmente, ma dal nulla sbuca un pedone che attraversa la strada: lentamente, zoppicando appoggiandosi ad un bastone oppure trascinando un grosso fardello che ne rallenta il passo.

Riprendi la marcia, ma poco più in là un asinello, oppure una capretta, o qualche mucca che fino ad allora ha tranquillamente brucato l’erba dello spartitraffico decide di andare dall’altra parte della via.

All’ultimo livello del videogioco ci sono anche i lavori stradali, non segnalati né messi in sicurezza in qualche modo: attenti al buco!


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Parking expertise

Ieri siamo andati al Friendship building (in attesa di una foto mia, eccone una tanto per darvi un’idea), un grande palazzo con molti negozi all’interno (una specie di centro commerciale, in inglese si chiama mall). Fuori, le macchine erano parcheggiate a lisca di pesce, in doppia fila, ma noi per puro caso abbiamo trovato un posto regolare, in prima fila per capirci.

Quando siamo tornati dal nostro giro, una macchina si era messa dietro di noi. Mentre ci stavamo chiedendo come fare per uscire, si è avvicinato il parcheggiatore che ci ha chiesto, quasi fosse una domanda retorica fatta a dei ferengi, “telephone?”. Mentre mio marito, piuttosto allibito per la strana richiesta (di solito ti aspetti che ti chiedano qualche birr per pagare la sosta), faceva sì con la testa, il parcheggiatore gli porgeva un foglietto con un numero di telefono e gli diceva “Call!”, chiama! Insomma, si era organizzato in modo da avere i numeri di telefono delle persone parcheggiate in seconda fila, in modo da non bloccare il turnover e non tediare i clienti con inutili attese!


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Blue donkey

Qui ad Addis Ababa esistono due tipi di donkey: gli asinelli in carne e pelliccia, che di solito trasportano carichi dal peso e dalla dimensione improbabili per la loro stazza, e i blue donkey, i pulmini bianchi e blu che sfrecciano per la città stipati all’inverosimile con carichi umani altrettanto improbabili.

Questi pulmini sono il mezzo di trasporto più utilizzato dalla popolazione. Sono delle specie di taxi collettivi che hanno di solito un equipaggio di due persone: l’autista (e su come si guida qui in Etiopia mi soffermerò un’altra volta…) e un “buttadentro” che normalmente viaggia con il busto fuori dal finestrino gridando la direzione verso cui è diretto il mezzo.

Non esistono fermate come per gli autobus, così quando i blue donkey sono costretti a rallentare oppure non sono pieni fino sopra al tetto di gente, passandogli a fianco si può sentire il buttadentro urlare nel traffico caotico della città “Bolebolebole!” (Bole è la zona dell’aeroporto), “Maganagnamaganagnamaganagna!” (Maganagna, una grande rotonda all’intersezione di importanti strade che si avvicina moltissimo alla mia rappresentazione mentale di un girone infernale dantesco: gente che aspetta i bus che stazionano lì vicino, gente che dorme in mezzo allo spartitraffico, gente che vende sui marciapiedi ogni sorta di merce dai calzini alle brioche e caffè nei thermos, il tutto in mezzo ad un traffico spropositato ad ogni ora del giorno) e altri pittoreschi nomi della città. Si fermano, a bordo strada ma anche in mezzo, e ripartono dopo aver caricato i passeggeri, il tutto naturalmente senza considerare neppure l’idea di mettere una freccia per segnalare le loro intenzioni oppure di usare gli specchietti retrovisori per vedere se sopraggiunge qualche altra vettura…