Le statistiche dicono che il trasloco sia la terza maggiore causa di stress nella vita di una persona.
Non so dove una relocation transcontinentale si posizioni in classifica, ma è bello sapere che qualcuno si è preoccupato di dare un nome al disagio che attanaglia chi cambia casa, lavoro, città, vita, e lo ha elevato al rango di sindrome, un complesso di sintomi e segni patologici come viene definita dagli esperti. E così ho scoperto che nella mia vita, dopo aver avuto la varicella, il morbillo e la parotite, sto sperimentando pure la relocation stress syndrome (RSS).
Nessuno finora ha però mai parlato delle sindromi collaterali legate ad un trasloco internazionale, quando i tuoi averi giacciono in un container dimenticato in qualche angolo di mondo e tu devi comunque ricreare una parvenza di normalità nella vita quotidiana. Ecco dunque una carrellata di patologie correlate alla relocation che la letteratura medica non ha ancora repertoriato e che ho sperimentato apposta per poterle raccontare qui.
Sindrome da disgregazione familiare da mobilificio
Si manifesta in genere già dal primo mobilificio visitato e si aggrava man mano che si procede nella disamina e scelta dei mobili. I bambini si perdono nell’area camerette disfacendo nel frattempo tutti i letti dell’esposizione, inseguiti dagli addetti alla vendita che non dimostrano particolare simpatia per chi non supera il metro e trenta. I genitori non si curano più di loro: la madre gira come un’indemoniata, metro alla mano, misurando tutto, anche i commessi, e il padre testa i divani, uno per uno, quando nemmeno lo si deve comprare un divano. L’acme si ha al momento di ordinare il tavolo della cucina e la camera da letto visto che tra tre giorni si entra nella nuova casa: i bambini hanno fame, sete e sonno, il marito pure, la moglie è già pronta con la carta di credito e il negoziante comunica che ci vorranno almeno tre settimane per consegnare il tutto.
Sindrome da “self-made (wo)man”
vista l’impossibilità di avere tutto e subito, la famiglia si dirige verso il famoso negozio di arredamento svedese con l’insegna gialloblu e pensa di comprare e montare TUTTO in modo autonomo. Dopo un intero fine settimana speso ad assemblare un tavolo, quattro sedie e un letto e dopo la crisi descritta più sotto, si decide dietro consigli dello psichiatra e dell’osteopata che l’armadio quattro stagioni lo si farà trasportare e montare da tecnici esperti (che sono poi riusciti a fissare le maniglie dell’armadio à la éthiopienne…).
Crisi coniugale da montaggio
Si verifica ogni volta che moglie (io) e marito (il mio) si trovano a montare insieme un mobile del suddetto mobilificio svedese. Frasi scatenanti della crisi sono:
“… veramente avrei voluto i cassetti dall’altra parte”
“Sei sicuro che stai leggendo le istruzioni dritte?”
“Mi avanza qualche vite…”
“Reggi l’anta ancora un attimo che vado a cercare il cacciavite che non so più dove l’ho messo…”
L’acme si raggiunge quando i bambini si mettono a chiedere a gran voce un nuovo cartone animato perché il cd è finito nel momento in cui la moglie sta sostenendo la cornice del letto per permettere al marito steso sotto di svitare un bullone montato nella posizione sbagliata.
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